È il momento di ripensare come si misura la CX

Le aziende competono sulla qualità della Customer Experience (CX) offerta al pari di qualsiasi altro elemento di differenziazione. Un sondaggio condotto a livello globale nel 2021 ha rilevato che il 70% dei consumatori ritiene che il valore di un’azienda dipenda da quello del suo servizio. Si tratta di un cambiamento che ha acceso la luce sulla CX come competenza fondamentale per ogni realtà che oggi voglia avere successo, in ogni settore. Comprenderla profondamente e migliorarla costantemente hanno di conseguenza la stessa importanza di altri elementi in gioco quali innovazione del prodotto, gestione della supply chain o strategie di vendita e di marketing.

Tuttavia, le metriche tradizionali di misurazione della CX non sono riuscite a restare al passo di questa evoluzione; la soddisfazione del cliente e il Net Promoter Score (NPS) offrono ad esempio una visione limitata dell’esperienza vissuta da ciascuno, generando frustrazione e nascondendo quei momenti che fanno capire al cliente che non stai prestando attenzione al suo journey. Inoltre, queste metriche non attingono a preziose riserve di dati, negando ai membri del tuo team l’opportunità di offrire quelle esperienze empatiche che i clienti si aspettano di vivere.

In tale scenario, le aziende sono impegnate a ripensare i criteri di misurazione per tracciare un quadro completo della Customer Experience e favorire risultati finanziari migliori. Genesys ha collaborato con Harvard Business Review (HBR) Analytic Services per realizzare un nuovo sondaggio globale condotto su 438 dirigenti in tutto il mondo. Nel report intitolato “Beyond NPS: CX Measurement Reimagined“, il 92% degli intervistati ha dichiarato che poter misurare meglio la Customer Experience li aiuterebbe a offrire risultati di business superiori.

Il problema con le metriche tradizionali

Le metriche tradizionali come NPS, generate dopo la conclusione di una vendita o di un’interazione di servizio, ricevono diverse critiche. Tra queste, il fatto che forniscono una visione limitata dei momenti in cui la fidelizzazione migliora o peggiora e che spesso non identificano le cause alla radice della frustrazione del cliente. Inoltre, tali metriche guardano più al business che alle persone. Ecco che circa il 41% dei dirigenti intervistati non sa spiegare il perché delle variazioni, positive o negative, delle metriche dedicate alla CX.

Una delle principali opportunità emerse dal sondaggio HBR è quella di riuscire a capire meglio la qualità delle esperienze nei momenti iniziali del customer journey. Ecco che appena il 28% dei dirigenti intervistati ha affermato che la propria organizzazione riesce a comprendere molto bene la soddisfazione del cliente in tutte le fasi del suo percorso. Tenendo conto dell’attenzione che viene data alle metriche tradizionali basate sui sondaggi, risultano invece più preparati quando si tratta di raccogliere i riscontri successivi alle interazioni. Per l’81% degli intervistati, il passaggio a un approccio basato sul customer journey è in ogni caso una priorità decisiva. In tale scenario quasi la metà di chi ha risposto ha affermato che la propria organizzazione prevede di aumentare gli investimenti destinati alla misurazione della Customer Experience.

Tenere il passo con la digitalizzazione

Dall’inizio della pandemia la CX è cambiata enormemente e i canali digitali sono ormai diventati la norma; un sondaggio Genesys ha scoperto che nel corso dell’ultimo anno un terzo dei consumatori a livello globale ha interagito con chatbot, voicebot e strumenti self-service. Nel contempo, in quasi tutti questi canali la soddisfazione è aumentata, con cambiamenti a livello di engagement dei clienti probabilmente destinati a restare.

I flussi di lavoro e le interazioni sono anche più digitalizzati che mai: oggi possiamo acquisire molte più informazioni sui clienti durante tutto lo svolgimento del journey, compresi quei dati operativi ed eventi che avvengono continuamente e che sono rimasti purtroppo inutilizzati per troppo tempo. In questo modo le aziende potranno capire obiettivamente se un cliente ha vissuto un’esperienza positiva, indipendentemente dalla sua risposta a un sondaggio sulla soddisfazione.

All’interno del campione del sondaggio il report ha identificato un insieme di aziende che sta stabilendo lo standard per la misurazione della CX. Tali realtà, i cosiddetti “Leader”, hanno la capacità maggiore di misurare l’esperienza per tutto il customer journey nonché una chiara comprensione dei momenti che contano per i clienti. Al pari di Genesys, queste organizzazioni capiscono che la cosa che conta di più è l’esperienza vissuta da clienti o dipendenti

Usare le metriche per guidare il cambiamento
Per misurare la CX, le organizzazioni Leader sono più propense rispetto alle altre ad affidarsi a strumenti di gestione dei dati dei clienti, nonché software di analisi predittiva e del sentiment e del successo delle persone. Queste realtà sono anche sostanzialmente più disposte a confrontare le metriche della CX con quelle dei concorrenti, assicurandosi che i dati raggiungano un ampio pubblico interno in modo che i membri del proprio team si rendano conto del rispettivo agire, e che la leadership di livello superiore sia disposta a intervenire tenendo conto delle indicazioni emerse dalle misurazioni.

La correlazione delle metriche della CX con i risultati di business è un’altra attività su cui i Leader si impegnano in modo considerevolmente maggiore (il 65% si giudica efficace rispetto all’8% di chi è in ritardo, ossia i Laggar). Di conseguenza comprendono in modo più profondo le preferenze dei clienti, riescono a identificare nuovi prodotti o opportunità di servizio, possono ottimizzare il journey e si affidano ad alcune metriche per definire la propria strategia e la pianificazione del lavoro.

La tecnologia può diventare i tuoi occhi e le tue orecchie
Il più grande cambiamento quando si ripensa la misurazione della CX riguarda la modalità usata e il momento in cui le aziende si servono di queste informazioni. Gli indicatori di ritardo emersi dai sondaggi post-interazione potrebbero essere ancora utili, ma l’attenzione dovrà concentrarsi su cosa avviene prima e durante il journey. Inoltre le aziende possono servirsi in modo molto più intelligente dei dati preziosi che i clienti generano ogni volta che interagiscono con siti web, canali automatizzati, agenti o altre risorse.

L’intelligenza artificiale produce interessanti sviluppi in tale contesto. Strumenti come l’analisi delle conversazioni forniscono dettagli importanti sulle interazioni tra agenti e clienti, favorendo opportunità di coaching puntuali. L’analisi del sentiment in tempo reale consente a ciascuna risorsa di correggere immediatamente la rotta mentre l’engagement predittivo rileva l’intento di un cliente indirizzandolo verso il contenuto o la persona giusta, facendolo sentire ascoltato e compreso.

Un approccio alla misurazione focalizzato sulla tecnologia e sulle persone offre alle aziende una visione chiara di quei momenti che contano di più per i clienti. Ci troviamo in un’economia dell’esperienza in cui questo approccio empatico rappresenta l’unico modo per produrre un vantaggio competitivo sul lungo termine. È per questo chi se ne occupa con successo (i Leader) è molto più propenso a progettare i processi dalla prospettiva del cliente. Parliamo del 65% rispetto al 44% di chi ‘insegue’ (i Follower) e il 37% di chi è in ritardo (i Laggard).

In definitiva, il ripensamento della misurazione della CX è decisivo per costruire una fiducia e una fidelizzazione durature. È per questo che Genesys sta sperimentando nuove modalità per misurare l’empatia, l’efficienza e l’efficacia delle esperienze. Siamo convinti che oggi queste modalità assumeranno il ruolo di un barometro, il più prezioso, del successo del brand.

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