Analizzare il Passaggio del Contact Center al Lavoro in Remoto Durante COVID-19

Fino a poco tempo fa, solo il 13% degli agenti di contact center lavoravano stabilmente in modalità remota. Oggi, in un ambiente ridefinito dalla pandemia da coronavirus, tale percentuale sta tuttavia crescendo rapidamente.

Nel suo ultimo report, “The Inner Circle Guide to Contact Center Remote Working Solutions,” ContactBabel ha intervistato alcuni contact center degli Stati Uniti in merito alle sfide incontrare durante la pandemia da COVID-19, tra le quali è emerso il cambiamento della forza lavoro e dei requisiti richiesti. Nello specifico, si parla dell’esigenza di utilizzare soluzioni di lavoro in remoto per scongiurare un impatto pesante sulle attività di supporto ai clienti. Diamo quindi uno sguardo a come i contact center statunitensi stanno comportandosi per indirizzare le esigenze attuali.

Il Lavoro in Remoto Prima di COVID-19: Risultati di un Sondaggio del 2019

Prima del contagio da coronavirus, poco meno della metà dei contact center statunitensi consentiva agli agenti di lavorare da casa. Di quelli intervistati nel 2019, il 43% lo permetteva ad almeno una parte dei propri agenti, mentre il 57% era fermamente deciso a non offrire alcuna opzione di lavoro in remoto, stava valutandolo o non aveva ancora compiuto mosse in un senso o nell’altro.

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Prima della pandemia, venivano percepiti come maggiori benefici del lavoro da casa una maggiore flessibilità del personale e la capacità di gestire volumi di chiamate inattesi.

La virtualizzazione di più contact center consente agli agenti di spostarsi agevolmente da un luogo virtuale all’altro — e questo introduce una maggiore flessibilità. E poiché il lavoro da casa offre ai call center un ampio ventaglio di agenti da cui attingere in base alle necessità, può dimostrarsi un grande vantaggio nella gestione dei picchi di chiamate.

L’elemento di maggiore inibizione al lavoro in remoto era il timore dei rischi per la sicurezza e legati alle frodi — citato come la principale preoccupazione dal 41% degli intervistati.

Gli intervistati hanno dichiarato di temere che i lavoratori in remoto avrebbero operato in ambienti privi di supervisione, aumentando quindi i rischi di brecce nella sicurezza dei dati e di frodi rispetto a chi sta all’interno di un call center controllato. Questo aspetto è emerso come particolarmente preoccupante qualora fosse stato necessario anche del lavoro fisico su carta o gli agenti avessero dovuto trascrivere i dettagli di pagamento o le password.

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La Situazione del Settore Durante il Coronavirus: Risultati del Sondaggio di Aprile 2020

A metà aprile 2020, gli analisti di ContactBabel hanno condotto un breve sondaggio presso 108 contact center statunitensi per stimare alcuni dei cambiamenti in corso nel settore a causa della pandemia da coronavirus. Sebbene le dimensioni del campione siano più ridotte rispetto al consueto, i risultati del sondaggio restituiscono comunque un quadro di quanto sta accadendo nel settore.

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Gli effetti del coronavirus sul numero di dipendenti impiegati sono per certi versi positivi: Più contact center stanno infatti assumendo persone anziché licenziarle durante la pandemia.

Mentre il 7% degli intervistati ha registrato alcuni esuberi e il 12% ha messo parte dello staff in congedo temporaneo, il 28% dei contact center ha reclutato concretamente nuove risorse durante la crisi. Segmentandoli per dimensioni del contact center, i risultati mostrano che quelli più grandi (54%) stanno assumendo attivamente nuovo personale, mentre quelli di medie dimensioni sono sembrati i più soggetti alle perdite di posti di lavoro.

Gli agenti non sono in malattia causa coronavirus.

Solo 1 contact center intervistato su 10 stava registrando tassi di assenteismo superiori al 25%, suggerendo che l’assenza dovuta a malattia o alla mancanza di servizi di assistenza all’infanzia non sembra essere un problema per la maggior parte degli intervistati. Naturalmente, questi risultati variano a livello regionale, e le aree che sono considerate critiche per il virus hanno vissuto maggiormente un’assenza di agenti.

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Non sorprende il fatto che il numero di agenti in remoto sia cresciuto decisamente.

Prima dell’epidemia alla fine del 2019, solo il 14% degli agenti di chi ha partecipato al sondaggio aveva lavoratori in remoto. Dalla metà di aprile, la percentuale è balzata al 71% con soprattutto le aziende più grandi a optare per tale scelta.

Il volume di chiamate inbound globale è diminuito.

Tuttavia per ottenere un quadro più chiaro, bisogna osservare i risultati per settori verticali. Mentre il 34% degli intervistati mostra un aumento del volume delle chiamate inbound, il 44% parla di una diminuzione. Questi risultati variano comunque di molto in base al settore di appartenenza. Mentre realtà come banche, negozi di alimentari e operatori di telecomunicazione stanno vivendo un aumento delle chiamate, altre come venditori di beni di lusso, uffici reclami per le assicurazioni auto e operatori del trasporto pubblico registrano probabilmente volumi di contatti ben inferiori al consueto.

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La velocità media di risposta sta reggendo abbastanza bene nel settore.

Mentre le attività di medie dimensioni evidenziano una minima diminuzione nella velocità di risposta, le organizzazioni più piccole e più grandi stanno registrando un aumento nella relativa media, variabile tra il 40% e il 50%.

Gli orari di servizio dei contact center sono in gran parte rimasti immutati.

Tre quarti di chi ha risposto non ha applicato alcun cambiamento agli orari di servizio. Uno su sei li ha ridotti e il 3% ha interrotto del tutto l’attività. L’8% dei contact center più grandi ha invece esteso gli orari di servizio.

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I tassi di abbandono delle chiamate stanno aumentando.

La combinazione di  una eventuale crescita dei volumi di chiamate, tempo superiore di risposta, orari di servizio ampliati e più assenza di personale ha generato un aumento di fino al 60% dei tassi di abbandono delle chiamate in tutto il comparto. Si tratta di una crescita che oscilla tra il 3,8% e il 6,2%, in base ai dati degli intervistati. Anche se le aziende di tutte le dimensioni hanno assistito a un incremento di tali tassi, questo fenomeno appare particolarmente evidente in quelle medie.

Si è registrato un balzo nell’uso delle soluzioni di contact center basate su cloud.

L’aumento del lavoro in remoto è supportato da un decollo delle soluzioni di contact center basate su cloud. Ecco che nel corso della pandemia da coronavirus, si è registrato un balzo nell’uso del cloud, in special modo fra i contact center di medie e grandi dimensioni, per supportare il lavoro in remoto e la continuità operativa.

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L’utilizzo di canali digitali, in particolare email e webchat, è cresciuto durante la crisi.

Mentre i clienti cercano strade alternative per contattare le aziende, si è registrata una crescita nell’uso di tutti i canali digitali. Il 51% dei contact center segnala aumenti nell’uso delle email, il 47% in quello delle webchat e il 37% in quello dei social.

Per avere un quadro esaustivo della situazione attuale della forza lavoro nei contact center, scarica qui il report completo. Oltre ai dati sull’impatto della pandemia da coronavirus sui contact center, il documento include anche informazioni su come le diverse soluzioni di contact center supportano il lavoro in remoto, come approcciare la sicurezza cloud per il proprio contact center virtuale e come gestire una forza lavoro che opera a distanza.

Inoltre avrai accesso ai dati su comportamenti e preferenze dei clienti per le diverse modalità di interazione — da grande emozione a grande urgenza a grande complessità. E ancora, il report copre il ruolo attuale di canali digitali, self-service e intelligenza artificiale, e analizza quale sarà la strada che i contact center dovranno seguire una volta superata la crisi.

Per leggere il report completo, scarica “The Inner Circle Guide to Contact Center Remote Working Solutions.” Inoltre scopri maggiori dettagli sul programma Genesys Ready Response per evitare eventuali conseguenze negative al tuo contact center.

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